Wimbledon, Australian Open, finale al Roland Garros. A 23 anni, Jannik Sinner ha riscritto la storia del tennis italiano, portandolo dove non era mai arrivato. Ma non è solo il campo a sorridergli: secondo Reputation Manager, è il campione più apprezzato d’Italia, davanti a stelle come Hamilton e Leclerc. Con 94 punti su 100, è in cima alla classifica “Top Champion Reputation”, che monitora visibilità, sentiment online e valore percepito.
Immagine vincente, anche fuori dal campo
Gentilezza, sportività, impegno sociale. Sinner incarna un modello positivo che piace agli sponsor: nessuna polemica, zero gossip, tanta autenticità. Il risultato? Una reputazione solida che si trasforma in contratti globali a lungo termine. Il brand “Sinner” è una garanzia.
Sponsor e cifre da capogiro
Nel solo 2025, Jannik potrebbe incassare oltre 50 milioni di euro: 30 milioni da 13 sponsor tra cui Nike, Gucci, Rolex, Lavazza, Fastweb, Intesa Sanpaolo, De Cecco e Panini; 20 milioni tra premi e bonus.
Il calcio rincorre
Pur restando lo sport più rappresentato (35 atleti nella top 160), nessun calciatore entra nella top 5. Il primo è Dybala, settimo. Seguono Brignone (sci), Totti, Lautaro Martínez, Del Piero e Lukaku. Il dato è chiaro: oggi gli sponsor premiano valori, visibilità e credibilità più che solo notorietà calcistica.
Hamilton e Leclerc, superstar ma non imbattibili
Al secondo posto Lewis Hamilton, pilota Ferrari con uno stipendio da 50 milioni l’anno e sponsor di peso (Tommy Hilfiger, Monster Energy). Le sue attività spaziano dal cinema ai drink sostenibili; c’è poi l’impegno sociale con la Mission 44 Foundation che rafforza la sua immagine.
Terzo gradino per Charles Leclerc, altro volto Ferrari con 30 milioni di ingaggio e brand di lusso nel portafoglio: Armani, Bugatti, Ray-Ban, Richard Mille. Anche lui ha fondato un proprio marchio: Lec.
Il nuovo volto dello sport
Sinner è la dimostrazione che oggi per essere una stella non basta vincere: bisogna anche essere credibili, autentici e ispirare. E lui lo fa meglio di chiunque altro. Da ‘Carota’ a brand globale, il passo è stato breve.